La visita del cardinale del Centrafrica alle Marcelline

L'arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, ha celebrato la messa nella chiesa e ha raccontato la sua lotta per la pace

Il cardinale della Repubblica centrafricana, Dieudonné Nzapalinga, una delle figure più importanti e coraggiose della chiesa africana, ha fatto visita all'Istituto delle suore Marcelline di Bolzano, giovedì 26 maggio, poco prima del suo incontro pubblico nella chiesa dei Tre Santi per presentare il suo libro-testimonianza “La mia lotta per la pace. A mani nude contro al guerra in Centrafrica”. Il cardinale era accompagnato dal direttore della Libreria editrice vaticana (Lev) Lorenzo Fazzini.
L'arcivescovo di Bangui (capitale della Repubblica centrafricana) rappresenta un punto di riferimento per la pace e la convivenza in una terra martoriata da due terribili guerre civili (una ancora in corso). E' molto legato a Papa Francesco che lo ha voluto nominare cardinale nel 2016 (il più giovane del collegio cardinalizio) subito dopo la visita che Francesco fece in Centrafrica alla fine del 2015 nel bel mezzo della violenza armata e degli scontri fra milizie governative e ribelli. Monsignor Nzapalinga è stato più volte minacciato di morte ed è uscito miracolosamente a vari attentati, sempre con la volontà di continuare nell'opera di riconciliazione fra le tre comunità religiose presenti sul territorio (islam, chiesa cattolica e protestante). Proprio per evitare che la guerre assumesse tratti di contrapposizioni religiose, ha convocato l'imam musulmano e il pastore luterano per rilanciare la pace nel Paese attraverso una Piattaforma per la convivenza e il dialogo interreligioso. Per questa iniziativa il cardinale è stato candidato al premio Nobel per la pace.
Durante la sua visita all'Istituto delle Marcelline di Bolzano, Dieudonné Nzapalinga, ha celebrato la messa nella chiesa interna, ha firmato il libro degli ospiti e si è intrattenuto poi con le suore raccontando la sua incredibile storia di uomo sempre in lotta per la pace:

«Per rompere la logica della guerra – ha detto riferendosi a quando sta accadendo in Ucraina - non occorrono le armi, anzi, esse sono la base su cui si regge la guerra. Per rompere quella logica servono le parole, le mediazioni, la diplomazia. Dove sono i politici in questa guerra in Ucraina? Dove sono i filosofi, i sociologi, i teologi? Per fermare la guerra serve un trattato. Non si scappa. Più aspettiamo a fare il trattato e più avremo morte e distruzione».

Back to Top